Una ricerca sviluppata da due gruppi di scienziati dell’Ateneo di Perugia è stata pubblicata su Diabetes, rivista dell’American Diabetes Association che si occupa di diabete mellito.
Scopo del lavoro è stato quello di aumentare i livelli di Treg (cellule T regolatorie del sistema immunitario) in topi che tendono ad ammalare spontaneamente di diabete mellito di tipo 1 (topi NOD) in modo tale da prevenire l’insorgenza del diabete in questi topi.
Modalità di ricerca
L’aumento delle Treg è stato ottenuto dai ricercatori dei due gruppi perugini trattando i topi con un anticorpo chiamato G3c, diretto contro GITR, una proteina che si trova sulla superficie delle Treg; il G3c, legando GITR, stimola la proliferazione delle Treg. Per assicurare una presenza costante dell’anticorpo G3c nell’organismo, sono state introdotte nel peritoneo di questi animali delle microcapsule contenenti le cellule che producono continuamente questo anticorpo. Gli studiosi hanno rilevato che un trattamento con G3c già dopo 3 settimane è in grado di aumentare il numero delle Treg presenti nella milza dei topi e, soprattutto, nel pancreas. Dunque, in seguito al trattamento con G3c viene prevenuta l’insorgenza del diabete. In particolare, alla fine dell’esperimento (3 mesi dopo l’introduzione delle capsule nel peritoneo), la percentuale di topi ammalati di diabete nel gruppo non trattato è risultata uguale al 50% e la percentuale di topi ammalati di diabete nel gruppo trattato con G3c è risultata uguale al 5%.
In sintesi, l’aumento delle cellule Treg tramite l’attivazione di GITR protegge il topo NOD (cioè un topo che tende ad ammalare di diabete mellito di tipo 1) dall’insorgenza della malattia. Dunque, il manoscritto dimostra che lo stimolo di GITR è utile nella terapia del diabete mellito di tipo 1 e che, quindi, potrebbe esserlo anche nella terapia di altre malattie autoimmuni.
Possibili implicazioni per il trattamento dei pazienti in un prossimo futuro
Occorre premettere che i dati ottenuti sui modelli murini danno indicazioni preziose ma non garantiscono che ciò che è stato trovato possa essere trasferito facilmente all’uomo. Detto questo, se nell’uomo il trattamento funzionasse come nel topo, ciò vorrebbe dire che, in futuro, i pazienti, nei mesi successivi alla diagnosi, potrebbero essere trattati e potrebbero guarire. Infatti, quando il paziente si rivolge al medico per i sintomi sopraggiunti a causa dello sviluppo del diabete mellito di tipo 1, ha ancora, nel proprio pancreas, una quota del 20-30% di cellule Beta (le cellule che producono l’insulina) intatte o solo danneggiate. Il trattamento, intrapreso precocemente, potrebbe fermare l’attacco del sistema immunitario a queste cellule e permetterebbe loro di rigenerarsi. Quindi, un trattamento del genere potrebbe evitare al paziente l’uso dell’insulina, consentirebbe al paziente di mantenere uno stile di vita pressoché normale ed infine lo proteggerebbe dalle complicanze del diabete.
Prima di arrivare a questo tipo di trattamento sarà necessario 1) trovare un anticorpo che funzioni in maniera simile al G3c ma che agisca su GITR dell’uomo (che è diverso da GITR del topo); 2) effettuare studi su topi “umanizzati” (topi che hanno un sistema immunitario “umano”); 3) effettuare studi clinici relativi alla sicurezza del trattamento (studi di fase 1); 4) effettuare studi clinici relativi alla efficacia del trattamento (studi di fase 2 e 3).
Chi ha eseguito gli studi oggetto di pubblicazione
Il lavoro pubblicato deriva dallo sforzo congiunto di due gruppi dell’Università di Perugia, il gruppo di immunofarmacologia guidato dal Prof. Giuseppe Nocentini e dal Prof. Carlo Riccardi e il gruppo di endocrinologia guidato dal Prof. Riccardo Calafiore. Il lavoro, iniziato nel 2015, parte da una collaborazione istituita con il Prof. Jun Shimizu, facente parte del nucleo di scienziati che, in Giappone, ha descritto per primo l’esistenza delle Treg.
Lo studio è stato condotto principalmente dal dottor Luigi Cari e dalla dottoressa Pia Montanucci (primi firmatari del manoscritto). Il dottor Luigi Cari, appartenente al gruppo di immunofarmacologia, si è occupato della messa a punto di un metodo per il dosaggio dell’anticorpo G3c e della caratterizzazione della risposta del sistema immunitario al trattamento con questo anticorpo; la dottoressa Pia Montanucci, appartenente al gruppo di endocrinologia, si è occupata della produzione e dell’inoculo delle microcapsule contenenti le cellule che producono il G3c, ha valutato l’istologia del pancreas e la comparsa del diabete nei topi trattati con G3c.
Autori:
Luigi Cari1, Pia Montanucci2, Giuseppe Basta2, Maria G Petrillo1,3, Erika Ricci1, Teresa Pescara2, Alessia Greco2, Sabrina Cipriani4, Jun Shimizu5, Graziella Migliorati1, Giuseppe Nocentini1, Riccardo Calafiore2, Carlo Riccardi1
1 Dipartimento di Medicina, Sezione di Farmacologia, Università di Perugia, 06129 Perugia, Italia.
2 Dipartimento di Medicina, Sezione di Medicina Interna e Scienze Endocrine e Metaboliche e Laboratorio per il Trapianto di Cellule Endocrine e organi bioibridi. Università di Perugia, 06129 Perugia, Italia.
3 Indirizzo attuale: Signal Transduction laboratory, NIEHS, NIH, Department of Health and Human Services, Research 7 Triangle Park, North Carolina 27709, USA.
4 Dipartimento di Medicina, Unità di Reumatologia, Scuola di Medicina Università di Perugia, 06129 Perugia, Italia.
5 Center for Innovation in Immunoregulative Technology and Therapeutics, Graduate School of Medicine, Kyoto University Kyoto, Japan.
L’articolo sarà reso accessibile dall’Editore al link: https://diabetes.diabetesjournals.org/lookup/doi/10.2337/db19-0087